Privato: TEATRO E ARTE

Van Gogh - Modigliani - Pollock

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Spettacoli teatrali su grandi personalità
che hanno cambiato il modo di intendere l’arte.

Il dolore della Bellezza
Quasi monologo su Amedeo Modigliani

Se vi chiedessero con quale personalità del passato vorreste passare una serata, cosa rispondereste? Non ha dubbi l’improbabile critico d’arte che presenta questo quasi monologo su Amedeo Modigliani, il quale si domanda: “Come possiamo spiegare quel che successe a Parigi tra gli anni dieci e gli anni venti del secolo scorso? Che cosa c’era in quella città, in quell’epoca, in quell’ambiente perché tanta arte si concentrasse lì? Come vorrei poterlo domandare a loro a uno dei protagonisti di quella avventura!!! “E qualcuno arriva veramente… o forse è lo stesso critico che se ne convince e fa tutto da solo. In ogni caso qualcuno aiuta il critico d’arte a ricostruire per gli spettatori il clima culturale e umano in cui hanno vissuto, operato, creato e sofferto la fame alcuni tra i più grandi artisti del secolo scorso, a partire dalle vicende contemporaneamente sublimi e tragiche di Amedeo Modigliani. Ma qualcun altro ancora prende parte alla costruzione di questo affresco. Una presenza in qualche modo esterna che conferisce una coloritura a volte tecnica, a volte sbarazzina, alle proiezioni dei capolavori dell’artista livornese.


Jakson Pollock. Pittura in azione

Jackson Pollock, l’espressionismo astratto, l’America degli anni centrali del 900, New York e il Greenwich Village con i suoi artisti, sono i protagonisti di una messa in scena in cui due attori e diversi personaggi si alternano per disegnare un quadro – non troppo astratto, ma anzi piuttosto concreto – della personalità di Pollock e dei tratti salienti del suo ambiente familiare ed artistico. Un improbabile mercante d’arte troppo attaccato alla Parigi d’inizio 900 per accorgersi che ci sono grandi novità oltreoceano, impersona le resistenze del pubblico e della critica nei confronti dell’arte di Pollock. I genitori,in origine agricoltori nel Wyoming, discutono tra loro di Jack – un figlio davvero non facile –delle sue intemperanze e delle sue ambizioni in un dialogo frammentato, che è forse più una coppia di monologhi, con la Grande Depressione sullo sfondo. Le due grandi galleriste che hanno, anche se non subito, creduto nell’artista, permettendogli di continuare nel suo lavoro, parlano della sua opera, del suo carattere, della difficoltà di aver a che fare con lui. E poi naturalmente il personaggio principale, Jackson Pollock – con i suoi dubbi, la sua personalità, i tratti quasi violenti, l’alcol, le influenze sulla sua pittura della vecchia Europa, ma anche dei nativi d’America e dei muralisti messicani – dagli anni della formazione alla tragica, prematura fine.


La casa gialla

Il 23 ottobre 1888, dopo un viaggio di quasi due giorni che lo aveva separato da Pont-Aven, sulla costa atlantica della Bretagna, uno spiantato Paul Gauguin raggiungeva Arles, Francia del Sud. Era stato chiamato lì da un entusiasta e propositivo Vincent Van Gogh – più che un amico, un conoscente – per prendere parte alla creazione di un qualcosa di fortemente innovativo: una sorta di comunità monastica in miniatura dedicata alla realizzazione dell’arte del futuro, lontana dagli ormai logori clichè impressionisti. Un’istituzione che si sarebbe autofinanziata, grazie al sostegno agli artisti meno affermati da parte di quelli che avevano già raggiunto il successo.

Per un po’ la convivenza tra i due maestri procedette tranquilla tra le mura della Casa Gialla di place Lamartine, dati l’importanza del ruolo di cui si erano investiti e il desiderio di apprendere l’uno dall’altro quanto più possibile. A un certo punto, però, qualcosa iniziò a scricchiolare.

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